sehepunkte 7 (2007), Nr. 7/8

David Paniagua Aguilar: El panorama literario técnico-científico en Roma (siglos I-II D. C.)

In un denso preambolo (13), Carmen Codoñer, alla cui scuola di Salamanca l'autore s'è formato, non manca di rilevare la sempre maggiore attenzione che la trattatistica tecnico-scientifica latina è venuta finalmente a guadagnarsi nei tempi più vicini, superando inveterati pregiudizi in buona parte relativi a mancanze di appeal letterario. Nell'ultimo decennio, in particolare, sono state prodotte ricognizioni di largo impegno, sebbene variamente mirate e organizzate sull'intero spazio letterario greco-latino. [1]

Al pari di Formisano, anche Paniagua (a lui già accomunato per aver di recente tradotto e commentato l'Epitoma rei militaris di Vegezio) focalizza nel suo titolo un delimitato, quanto cruciale, periodo della letteratura latina. Questa volta si tratta dei primi due secoli d.C.; ma la restrizione cronologica non deve ingannare, perché in realtà il panorama abbracciato ha ben più largo respiro.

Lasciamolo spiegare in sintesi all'autore stesso (19; per utilità del lettore indichiamo tra parentesi le pagine di ciascun capitolo): "Lo studio consta d'undici capitoli dedicati alle undici discipline rappresentate per le differenti opere scritte e conservate in lingua latina pertinenti all'ambito cronologico proposto, cioè i secoli I e II d.C. Questi campi disciplinari sono l'agrimensura [37-79], la tecnica militare [81-114], il diritto [115-145], la geografia [147-191], la culinaria [193-217], l'ingegneria civile [219-243], l'agricoltura [245-283], l'astronomia [285-333], la mitografia [335-354], la medicina [355-403] e le scienze naturali [405-481]. Ciascuno degli undici capitoli è costituito da due parti ben distinte. La prima ha come obiettivo l'esposizione sommaria e concisa della storia letteraria di ciascuna disciplina dalle prime manifestazioni in letteratura greca fino al massimo più psicologico di storico segnato dai secoli V-VI d.C., anche se, quando è parso opportuno, sono stati introdotti eccezionalmente dati relativi ad epoche posteriori. [...] La seconda parte di ciascun capitolo si riferisce specificamente al trattamento degli autori latini di ciascuna disciplina inquadrati nella delimitazione temporale dei secoli I e II d.C. [...] L'esposizione osserva per ogni autore tre punti fondamentali: autore, opera e trasmissione".

A giustificare ulteriormente le ragioni della sua opzione cronologica (diverso per esempio il taglio di Meissner, che separa il I secolo imperiale dal II, trattato assieme al III), l'autore, in sede introduttiva (21-31), fissa alcuni punti essenziali: 1) importanza delle opere prodotte nel periodo considerato, quantitativa, ben ventitré, e qualitativa, o per l'eminenza d'alcuni autori (da Seneca a Plinio il Vecchio a Tacito) o per la ricca varietà disciplinare o ancora per la rilevanza nei rispettivi campi (come il de aquaeductu urbis Romae di Frontino o il de re rustica di Columella o le Institutiones di Gaio o il manuale mitografico d'Igino); 2) carattere creativo e referenziale, sul piano sia formale sia concettuale, di questa letteratura tecnica, destinata a fungere da modello per le opere posteriori e non senza marche d'indipendenza rispetto alla parallela letteratura greca: pur evitando il luogo comune della praticità romana contrapposta alla speculazione teorica greca, non si può negare, almeno per i primi due secoli dell'impero, che in alcuni interessi disciplinari le due letterature non si sovrappongano (come nel caso di matematica e musica, più astratte, sul versante greco; agrimensura e diritto, più concrete, su quello latino); 3) forte concentrazione cronologica della produzione relativa all'uno o all'altro ambito (per esempio l'astronomia agli inizi del secolo I, la medicina nella sua prima metà, l'indagine naturalistica nella seconda); 4) spettro sociologico degli autori assai aperto, da personaggi della casa imperiale (come Germanico) a figure di spicco del mondo politico e culturale (come Seneca o Plinio il Vecchio o Frontino o Tacito) giù fino a perfetti sconosciuti (come nel caso di Manilio); 5) tendenza, in alcuni campi (agrimensura, per esempio, o astronomia o, in parte, geografia o medicina), all'affermarsi d'una 'coscienza di genere'; 6) esigenza, fermamente asserita da Paniagua, di assumere "le opere tecnico-scientifiche latine conservatesi non come campioni letterari isolati ma come elementi embricati in una tradizione ben definita e presente in misura assai maggiore di quanto si potrebbe supporre in un primo momento"; 7) rilievo dato, infine, sia pur brevemente, alla "spinosa" questione terminologica, per motivare l'etichetta di "letteratura tecnico-scientifica", più atta a mediare tra polarizzazioni moderne inapplicabili a una produzione, come quella antica, dov'è ben difficile, e sarebbe infruttuoso, individuare eventuali linee di distinzione tra scienza e tecnica: si confrontino comunque le considerazioni, di grande rigore teorico, di Meissner (9-35) e quelle di Giorgio Brugnoli, nell'introduzione al manuale diretto da Santini (XI-XIX).

Importa in conclusione segnalare dove maggiormente Paniagua sembri innovare rispetto alle ricognizioni cui si affianca:

a) nuove discipline incluse. Mentre Meissner, per i due primi secoli p.C., si concentra, molto sinteticamente, su un novero piuttosto ristretto d'ambiti, entrano - e a buon diritto - rispetto al manuale di Santini giurisprudenza e mitografia; condivisibile la rinuncia a trattare grammatica e retorica, non solo per le ragioni pratiche addotte dall'autore (21) ma anche per il loro particolare posto nella tassonomia delle artes latine;

b) nuove opere: tra gli accessi più significativi, Seneca, Naturales quaestiones (417-432), e Tacito, Germania (177-186); larghissimo, inoltre, lo spazio dato alla Naturalis istoria pliniana (432-474);

c) approfondimenti biografici sugli autori: per un solo esempio, si vedano i chiarimenti (53) sull'intricata questione di "Igino";

d) approfondimento dei contenuti letterari e degli aspetti filologici, nelle sottosezioni dedicate specificamente ai testi e alla loro tradizione manoscritta e storia editoriale: è quest'uno degli apporti più originali e utili offertici dall'autore, perché amplia fino ai giorni nostri l'apertura prospettica su quella letteratura.

Strutturata con chiarezza, anche tipografica (rare le mende), e dotata d'ampi apparati bibliografici e d'indici, l'opera di Paniagua consente al meglio di ripercorrere negli spaccati della letteratura tecnico-scientifica - invalidando ulteriormente l'ormai consunto pregiudizio della 'stagnazione' - i due secoli che portarono Roma imperiale ai massimi d'espansione e omogeneità culturale, in buona parte grazie appunto al sagace investimento operativo di quelle artes che la trattazione illustra e insegna.

Annotazione:

[1] Come Burkhard Meissner, Die technologische Fachliteratur der Antike: Struktur, Uberlieferung und Wirkung technischen Wissens in der Antike (ca. 400 v. Chr.-ca. 500 n. Chr.), Berlin 1999, o, di autori vari, Carlo Santini, direttore; Ida Mastrorosa, Antonino Zumbo, a cura di, Letteratura scientifica e tecnica di Grecia e Roma, Roma 2002; o su un arco più circoscritto, come Marco Formisano, Tecnica e scrittura. Le letterature tecnico-scientifiche nello spazio letterario tardolatino, Roma 2001.

Rezension über:

David Paniagua Aguilar: El panorama literario técnico-científico en Roma (siglos I-II D. C.). Et docere et delectare (= Acta Salmanticensia. Estudios Filológicos; 312), Salamanca: Ediciones Universidad de Salamanca 2006, 507 S., ISBN 978-84-7800-462-1

Rezension von:
Giancarlo Mazzoli
Dipartimento di Scienze dell'Antichità, Università degli Studi di Pavia
Empfohlene Zitierweise:
Giancarlo Mazzoli: Rezension von: David Paniagua Aguilar: El panorama literario técnico-científico en Roma (siglos I-II D. C.). Et docere et delectare, Salamanca: Ediciones Universidad de Salamanca 2006, in: sehepunkte 7 (2007), Nr. 7/8 [15.07.2007], URL: https://www.sehepunkte.de/2007/07/11808.html


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