Rezension über:

Lilah Grace Canevaro: Hesiod's Works and Days, Oxford: Oxford University Press 2015, XIII + 269 S., ISBN 978-0-19-872954-9, GBP 55,00
Inhaltsverzeichnis dieses Buches
Buch im KVK suchen

Rezension von:
Andrea Ercolani
Istituto di Studi sul Mediterraneo Antico, Roma
Redaktionelle Betreuung:
Matthias Haake
Empfohlene Zitierweise:
Andrea Ercolani: Rezension von: Lilah Grace Canevaro: Hesiod's Works and Days, Oxford: Oxford University Press 2015, in: sehepunkte 17 (2017), Nr. 2 [15.02.2017], URL: https://www.sehepunkte.de
/2017/02/27349.html


Bitte geben Sie beim Zitieren dieser Rezension die exakte URL und das Datum Ihres Besuchs dieser Online-Adresse an.

Lilah Grace Canevaro: Hesiod's Works and Days

Textgröße: A A A

Il volume di L. G. Canevaro è strutturato in "Preface" (vii-ix), "Abbreviations" (xiii), "Introduction" (1-5), e cinque capitoli: "Two Reading Traditions: Linear and Excerpting" (7-29), "Two Structuring Strategies: Detaching and Tethering" (31-82), "Two Ideals: Self-Sufficiency and Didacticism" (83-142), "Didactic Methods" (143-211), "Filling the Gaps" (213-229). Seguono gli apparati di rito: "Bibliography" (231-247), "Subject Index" (249-251), "Index Locorum" (253-269).

In sede di introduzione si definiscono gli obiettivi del volume: "This book argues that the structure of Hesiod's Works and Days and the modes of reading the poem which it encourages reflect the interplay between self-sufficiency, Hesiod's Iron Age ideal, and the very point of didactic literature" (1). Sono poi sinteticamente presentati i diversi approcci analitici e gli ambiti d'indagine dei capitoli successivi. Chiaramente delineati gli assunti fondamentali da cui l'Autrice prende le mosse, assunti che costituiscono premesse necessarie per l'analisi condotta e che vengono variamente riaffermati nel corso del volume: "[...] Hesiod's sophisticated use of the didactic genre: his mastery of language and complex concepts, his integration of other [corsivo nel testo] genres, his selection and shaping of traditional material" (2); "[...] Hesiod's didactic purpose" (4); "My view of the Hesiodic corpus is one of a coherent whole, an organized programme, with a biographical and narrative chronology taking us from the Theogony to the Works and Days" (5); alcune caratteristiche del testo "take us as close as we can get in an archaic poem to an idea of authorial intention (whether genuine or projected)"; "These views form my basis for discussing compositional technique in the Works and Days as a conscious, comprehensive construct" (5); gli elementi formali e contenutisci delle Opere, a prescindere dalla loro provenienza, "are constructed anew to take on another role" e "It is the organizer of this whole, the guiding hand fitting together all manner of narrative forms, that this book calls 'Hesiod'" (5). Uno dei risultati anticipati è la definizione dell'obiettivo didattico delle Opere: "how to teach an audience to think for themselves" (5). L'autosufficienza che il poema intende insegnare non è solo materiale (l'agricoltura), ma anche intellettuale.

Il primo capitolo, in tre paragrafi, analizza la duplice possibilità di fruizione delle Opere nell'antichità: una lettura lineare estensiva da un lato, una lettura per escerti dall'altro. L'analisi parte dalle performances del testo (9-15), per cui a una esecuzione integrale in contesti vari si potevano affiancare esecuzioni parziali in altri contesti, p. es. il simposio (12). Il punto nodale è che "The Works and Days facilitates multiple performances contexts simultaneously" (13). Nel seguito, si considerano esempi della varia ricezione del testo, sulla scorta della considerazione che "Just as the poem is addressed to many audiences, so could it be used by many" (15). Tali esempi "show that the Works and Days was applicable to many different contexts and that its usefulness and authority lasted long after institutional performances of the poem had become obsolete" (17). L'ultima sezione del capitolo affronta la questione dell'unità del testo e della possibilità di una sua lettura lineare (con rassegna di alcuni studi moderni), per concludere che "not only to absolve Hesiod of his flaws but to stop thinking in terms of flaws of unity altogether, we need to draw on a second reading tradition in conjunction with the first" (29), aprendo così la via alla successiva indagine.

Il secondo capitolo, in quattro paragrafi, indaga "the role the text itself plays in its use" (31): dichiaratamente, l'Autrice intende evidenziare "the process used by Hesiod to make the Works and Days both useful and coherent, facilitating both a linear and a fragmentary reading", centrando l'attenzione non sulla ricezione del poema "but on the seeds of reception embedded in the Works and Days" (32) - assunti consimili si ritrovano passim nel testo, a precisazione della dimostrazione che si va svolgendo: oltre a (31-33), vd. e. g. (34), a proposito della "didactic strategy" mantenuta costantemente nel poema "as to appear the work of one person" o (49), quando si assume che "Hesiod's teachings are formulated in an open and applicable way so that they can be reused in various circumstances etc."). L'idea di fondo, se ho ben inteso, è che il testo stesso è pensato e strutturato in unità singole di ampiezza variabile, spesso aperte a diverse possibilità di intendimento, e proprio questa sua struttura costituisce una precisa strategia comunicativa che consente e pone in essere il suo riuso parziale in altri contesti. Spiccano le analisi di singole questioni e/o passaggi esiodei: Op. 10 e il suo valore programmatico (33 ss.), la definizione di quel che l'Autrice definisce "Hesiod stamp" (43 ss.), l'analisi della favola dell'usignuolo e dello sparviero (54 ss.; vd. praesertim (57): "The two addressees [i re e Perse] stand in for the multiple interpretations and applications of the fable"), gli aspetti calendariali (71 ss.).

Nel terzo capitolo, in cinque paragrafi, si entra nel merito dei contenuti e delle finalità didattiche del poema. L'ideale che pervade il testo è quello dell'autosufficienza, da intendersi non solo come autonomia di sussistenza materiale, ma anche come capacità noetica individuale di comprendere e pensare autonomamente. Per intendere questo messaggio di fondo "we can consider Hesiod's complex didactic method not only in terms of the gaps he leaves, but in terms of how he challenges his audience to fill the gap" (83). Mi pare che questa affermazione riassuma bene la ricostruzione svolta nell'intero capitolo: "The best way of managing the Iron Age condition, according to Hesiod, is through self-sufficiency. To instil this ideal, Hesiod employs a didactic method based on intellectual self-sufficiency, on thinking for oneself" (94). L'analisi del mito di Prometeo e Pandora occupa un posto centrale e viene considerata una cum i passaggi rilevanti della Teogonia (108 ss.). Il ragionamento su Pandora diviene funzionale alla definizione del ruolo della donna (115 ss.). L'analisi si sposta quindi sulla peculiarità dell'epica esiodea, discutendo il rapporto tra fraseologia epica, specialmente omerica, e fraseologia esiodea (125 ss.), con la conclusione anticipata giĆ  in apertura (125): "Hesiod marks his poem (i.e. Op.) out as separate from epic: from cosmogonic epic, from martial epic, from heroic epic. The narrator is not hidden behind a shield of tradition and divinity, like Homer. He is conspicuous, putting himself forward and adopting the persona of a teacher". I confronti tra passaggi esiodei e altra poesia esametrica arcaica mostrano, nella ricostruzione dell'Autrice, come di volta in volta non si tratti di semplice riuso di materiale linguistico, ma di allusione, correzione, aperta polemica etc. Da segnalare una nuova interpretazione di Op. 750-752 (140 s.): ἀκίνητα inteso come "boundary markers".

Il capitolo quarto, in sette paragrafi, ricostruisce nel dettaglio il metodo utilizzato da Esiodo "to encourage his audience to think for themselves" (144). L'indagine mira a evidenziare i significati nascosti dietro il testo, significati che Esiodo stimolerebbe il lettore a scoprire da sé. "Hesiod encourages autonomous thought by presenting alternative courses of action between which we must choose independently" (146; cfr. anche 147, 180 etc.). Si torna quindi a trattare della favola e degli spunti favolistici che Esiodo utilizza per la sua strategia didattica (152 ss.) e quindi del mito delle cinque stirpi (156 ss.). Da segnalare la discussione di Op. 173a-e (165; da evidenziare la nota 74). L'Autrice presenta alcuni casi di "intentional ambiguity" (171; corsivo nel testo) poggiante su etimologie e kennings. Al centro della trattazione che segue sono concetti quali ate, dike, aidos, elpis etc. A proposito delle molteplici interpretazioni di elpis nella giara di Pandora si legge (188): "The narrative supportos all of these interpretive possibilities to a certain extent, though all have their logical inconsistencies. [...] Life becomes uncertain - and concepts become ambiguous". A seguire, l'illustrazione del progetto di 'insegnamento a lungo termine' che Esiodo proporrebbe (190 ss.), la configurazione della sua autorità poetica e didattica (198 ss.), il ruolo della 'reciprocità' e il suo legame con l'ideale dell'autosfficienza.

Il quinto capitolo, in tre paragrafi, evidenzia alcuni punti nodali che caratterizzano il poema esiodeo come progetto didattico, promuovendo un'analisi confrontuale con altre forme di epos (215 ss.) e altri comparanda (220 ss.). La conclusione dell'Autrice mi pare sintetizzabile in queste sue parole: "The connection between purpose and form marks out the Works and Days as an innovative didactic enterprise" (219).

Nella speranza di aver dato un'idea sufficientemente chiara della struttura e dei contenuti del volume (per cui vd. anche P. O'Mahoney in "POLIS" 33, 2016, 190-195, utile per una presentazione complessiva del lavoro nonché per il materiale comparativo ie. che segnala nelle note), e doverosamente premesso che la mia visione d'insieme dell'epica esiodea e del retroterra culturale che essa rispecchia è totalmente opposta a quella dell'Autrice, [1] mi preme sollevare alcune questioni di ordine generale.

Il volume si inquadra decisamente nel filone delle analisi unitarie e autoriali di Opere e giorni che da decenni dominano gli studi esiodei, proponendo una lettura/interpretazione d'insieme coerente che non rileva impacci nella struttura e nel contenuto del testo.

Stupisce, almeno me, il tono assertivo che pervade il testo: non c'è quasi spazio per il dubbio, nemmeno quando si illustra cosa 'Esiodo' abbia voluto fare o quando si spiega in dettaglio il suo progetto autoriale.

Il fatto che esista un nesso significativo tra struttura del poema e sua ricezione, supponendo che sia la struttura stessa del poema a porre in essere la sua ricezione, mi pare un assunto questionabile, che inverte i rapporti di causa ed effetto. La ricezione di un testo e come esso venga utilizzato da una società o da un ambiente diverso da quello del suo 'autore' viaggia su binari suoi ed esula completamente e totalmente dalle intenzioni dell'autore e dalla struttura del poema. Il caso delle citazioni omeriche (singoli nessi, singoli versi, pericopi di qualche ampiezza) che pervadono tutti i testi greci arcaici e classici mi pare stia lì a dimostrare che anche un'opera dalla struttura narrativa relativamente coesa, almeno in termini di fabula, poteva essere fruita in contesti altri e in forme altre rispetto alla sua occasione prima di realizzazione. In altri termini: il fatto che il testo omerico (ma l'affermazione si potrebbe estendere senza difficoltà anche ai testi tragici e presumo anche ad altro) sia andato soggetto alle stesse modalità di uso, ricezione e fruizione di quello esiodeo, pur avendo un impianto narrativo differente (almeno prima facie), mi pare non sostenga l'ipotesi che sia la peculiarità della struttura di Opere e giorni ad aver posto in essere la duplice modalità di lettura di cui l'Autrice tratta.

Un secondo punto su cui occorre riflettere è la forma del testo. La ricostruzione dell'Autrice presuppone un testo chiuso, quello che possediamo, fin da subito fissato in quella forma e non altra. Ora, premesso che la corrispondenza tra il testo esiodeo della paràdosi e quello di 'Esiodo' (qualunque cosa si voglia intendere) non è affatto scontata e andrebbe dimostrata (basti richiamare la questione del proemio e di parecchi versi qua e là espunti dalla critica, che l'Autrice difende con argomenti di vario spessore), una serie di considerazioni rendono ragionevole pensare che il testo a noi giunto sia l'esito non di un'azione creativa sincronica, ma di una stratificazione progressiva diacronica: se così è, molta della progettualità intenzionale che l'Autrice assegna a Esiodo viene di necessità a cadere, visto che l'architettura complessiva del testo non sarebbe più tale ab origine, ma solo a posteriori.

Pochissimi i refusi da me notati: Eκ (11), "between 710 and 760 BC". Nell'elenco delle abbreviazioni si legge "LfgrE refers to B. Snell (1st edn, 1896-present) etc.": legendum 1955-2010.

Il volume, a prescindere dalle mie valutazioni, rappresenta indubbiamente una sfida intellettuale per chi si confronta con il mondo esiodeo e segnatamente con il testo di Opere e giorni.


Nota:

[1] Per una ricostruzione altra e per gli argomenti che la sostengono mi limito, per amor di brevità, a rinviare a A. Ercolani / L. Sbardella (edd.): Esiodo e il corpus Hesiodeum: problemi aperti e nuove prospettive, Roma 2016 ("SemRom" n.s. 5, 2016).

Andrea Ercolani