Rezension über:

Johannes Preiser-Kapeller: Jenseits von Rom und Karl dem Großen. Aspekte der globalen Verflechtung in der langen Spätantike, 300 - 800 n. Chr. (= Expansion - Interaktion - Akkulturation. Globalhistorische Skizzen; Bd. 32), Wien: Mandelbaum 2018, 292 S., 10 Kt., ISBN 978-3-85476-554-7, EUR 19,90
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Rezension von:
Arnaldo Marcone
Università Roma Tre
Redaktionelle Betreuung:
Matthias Haake
Empfohlene Zitierweise:
Arnaldo Marcone: Rezension von: Johannes Preiser-Kapeller: Jenseits von Rom und Karl dem Großen. Aspekte der globalen Verflechtung in der langen Spätantike, 300 - 800 n. Chr., Wien: Mandelbaum 2018, in: sehepunkte 19 (2019), Nr. 2 [15.02.2019], URL: https://www.sehepunkte.de
/2019/02/32061.html


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Johannes Preiser-Kapeller: Jenseits von Rom und Karl dem Großen

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Questo libro di Johannes Preiser-Kapeller è una brillante, originale rilettura delle relazioni ambientali, prima ancora che politico-culturali, che interessarono, su vasta scala, il mondo mediterraneo, l'Europa, il Vicino Oriente e l'Asia centrale in un arco di tempo che è ricompreso, grosso modo, tra il 300 e l'800 d.C. È bene avvertire subito che questa periodizzazione, che l'Autore. fa coincidere con la cosiddetta "lunga tarda Antichità", appare fondamentalmente di comodo.

Il libro si articola in sei capitoli, preceduti da un'introduzione, ed è chiuso da una conclusione. Il primo è dedicato a un rapido profilo di riconsiderazione della formazione degli Imperi, il secondo alla trasmissione del potere e alla mobilità delle élite, il terzo alla irradiazione dei credi religiosi, il quarto al commercio e alle varie forme di mobilità, il quinto alla trasmissione di forme di sapere in vari ambiti dell'attività umana, il sesto al possibile esito dei cambiamenti climatici.

Come il sottotitolo chiarisce, l'interesse dell'Autore è per una "globale Verflechtung" (il termine "connected history" è stato proposto da uno studioso dell'età moderna, Sanjay Subrahmanyam, per definire il complesso interscambio tra Oriente e Occidente nell'età delle grandi scoperte). Invero un approccio analogo risulta ormai applicabile in modo fruttuoso anche alla "Tarda Antichità" per la quale non vi è dubbio che l'affermazione degli Imperi a base religiosa fu anche l'età dei grandi movimenti missionari: il Cristianesimo, il Buddismo e il Manicheismo, prima dell'Islam, contribuirono ciascuno, secondo le caratteristiche loro proprie, a diffondere e a trasformare principi religiosi e rituali attraverso l'Asia, lungo la via della seta. Invero già Jack Goody aveva sostenuto la matrice comune (mesopotamica) della civiltà eurasiatica a prescindere da sviluppi solo in parte diversi contro la presunta unicità dell'Occidente, in particolare rifiutando la peculiare "razionalità" dello spirito occidentale cui Max Weber attribuiva la ragione essenziale dello sviluppo del mondo moderno (The East in the West, Cambridge 1996).

Peraltro la categoria di "lunga Tarda Antichità", che può farsi risalire a The World of Late Antiquity. From Marcus Aurelius to Muhammad di Peter Brown (prima ed. 1971) e che ha avuto una sorta di (effimera) consacrazione nel volume collettivo edito da Gl. Bowersock, P. Brown, O. Grabar, Late Antiquity: A Guide to the Postclassical World, Cambridge Massachusetts 1999 e, quindi, in quello di due anni successivo, Interpreting Late Antiquity. Essays on the Postclassical World, Cambridge Massachusetts 2001, sembra ormai da sostituirsi con quella di "ampia" (in senso spaziale), Tarda antichità come risulta assai bene da un altro libro molto incisivo, anch'esso apparso di recente, di G. Fowden, Before and after Muhammad. The first Millenium refocused, Princeton 2014, curiosamente non ricordato da Preiser-Kappeler. In verità la proposta che appare più feconda e originale riguarda la riconsiderazione delle trame delle molteplici relazioni intercorrenti nel primo Millennio in quella che Fowden chiama "Eurasian hinge" (cerniera eurasiatica) dell'Asia sudoccidentale, grosso modo il Mediterraneo orientale, l'altipiano iranico, e la zona montuosa caucasica interposta tra queste due aree. Il titolo dato da Fowden al quarto capitolo del suo libro: Space. An eastwards shift potrebbe adattarsi bene anche per definire l'assunto di fondo di Preiser-Kappeler e per il concetto di Tarda Antichità da lui presupposto.

Dal libro di Preiser-Kapeller si ricava in effetti la conferma che la terminologia corrente impiegata per distinguere tra età bizantina e il primo periodo islamico non risulta più adeguata: la maggioranza degli studiosi tanto di Tarda Antichità quanto del primo Islam preferiscono parlare di "Tarda Antichità", che proprio per questo assume caratteri diversi rispetto al passato anche prossimo. Se si può trarre una conclusione dalla ricerca recente è che non è individuabile alcuna netta cesura cronologica.

Si deve peraltro avvertire che questo è un libro in cui l'intento provocatorio, l'ambizione innovativa prevale sull'esigenza di una esposizione articolata e sistematica. Come è facilmente comprensibile la storia politica-evenemenziale nel libro ha una considerazione relativamente secondaria. Tuttavia essa compare, sia pure per accenni, ad esempio nei vari paragrafi del primo capitolo in cui si cerca di sintetizzare l'evoluzione del quadro storico determinato dal crollo dei grandi Imperi preesistenti e dall'affermarsi di nuovi nell'ampio contesto euroasiatico. L'Autore attribuisce tra l'altro un rilievo importante a quello che si definisce "Late Antique Little Ice Age", che includerebbe un preciso arco cronologico: tra il 536 e il 660 ci sarebbe stato un deciso raffreddamento dell'area eurasiatica con condizioni climatiche meno propizie che avrebbero propiziato ondate successive di pestilenza (ivi compresa quella giustinianea) con un esito importante anche sul piano demografico.

L'attenzione per i dati climatici percorre tutto il libro ma è in particolare l'argomento centrale del capitolo sesto dove questi sembrano assumere il carattere di agente determinante nell'evoluzione del corso della storia. È appena il caso di sottolineare come in una prospettiva di questo genere i fatti politici e, per certi versi, a maggior ragione quelli economici siano in qualche modo esiti condizionati da fattori esterni, secondo processi che si direbbero di tipo deterministico. In altri termini se mai ci sono momenti di grave cesura per cui la storia si può definire "spezzata" (A. Schiavone, La storia spezzata. Roma antica e Occidente moderno, Roma-Bari 1996) essi andrebbero cercati al di fuori della storia stessa. La stessa logica dell'evoluzione culturale andrebbe così ripensata. La prospettiva "eurasiatica", oggi in voga soprattutto per il confronto che si tenta di istituire, spesso con esiti francamente discutibili, tra Impero romano e Impero Han (cfr. Rome and China. Comparative Perspective on ancient World Empires, W. Scheidel ed., Oxford 2009) propizia indubbiamente un ampliamento delle prospettive. Preiser-Kappeller ricorda come, a fronte della disgregazione dell'Impero romano tra IV e V secolo, altri due Imperi si disintegrarono in Asia, quello Han in Cina e quello dei Gupta in India (ma forse si dovrebbe ricordare anche la brusca scomparsa dell'Impero sasanide di fatto assorbito quasi completamente dal califfato islamico nel giro di pochissimi anni). Ma se i confronti possono essere legittimi resta pur sempre da verificare in che misura questi possano davvero contribuire a meglio comprendere la realtà concreta di una specifica evoluzione storica. E, comunque, l'ampiezza della prospettiva, rischia di compromettere la precisione della messa a fuoco.

Un libro come questo, in cui la componente geografica e ambientale è così significativa, avrebbe richiesto un adeguato corredo di carte geografiche. Purtroppo le 10 carte inserite in fondo al libro risultano insoddisfacenti.

Arnaldo Marcone